TRIBUNALE DI TRENTO 
                        Sezione Unica Penale 
 
    Il giudice sulla richiesta del difensore  dell'imputato,  osserva
quanto segue. 
Svolgimento del processo. 
    A seguito di decreto di  citazione  diretta,  Rinaldi  Marco  era
tratto a giudizio innanzi al Tribunale  di  Trento,  in  composizione
monocratica, per rispondere "del reato p. e p. dagli artt. 81 c.p.  e
10-bis d.lgs. 74/00 perche', in  qualita'  di  legale  rappresentante
della societa' Pan Carraro srl, in esecuzione  del  medesimo  disegno
criminoso, ometteva il versamento delle  ritenute  certificate  nella
misura di euro 56.077,00 per l'anno 2008 e  di  euro  142.923,00  per
l'anno 2009, dovute in base alla  dichiarazione  mod.  770  entro  il
termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto
d'imposta. 
    In Trento (luogo di accertamento) il 31.7.2009 e il 20.8.2010. 
    Nelle fasi preliminari l'apertura  del  dibattimento,  la  difesa
dell'imputato chiedeva procedersi con rito abbreviato, indi sollevava
questione di costituzionalita' depositando apposita memoria. 
    Il PM esprimeva parere favorevole. 
Rilevanza della questione. 
    All'esito dell'istruttoria, e' pacifico e documentato: 
        -   che   l'imputato   e'   legale   rappresentante   nonche'
amministratore della Pan Carraro srl (ora s.n.c.); 
        - che risulta  tempestivamente  presentata  la  dichiarazione
annuale dei sostituti d'imposta (Modello  770  semplificato)  recante
gli  importi,  sopra  indicati  quali   ritenute   risultanti   dalla
certificazione rilasciata ai terzi sostituiti per  gli  anni  2008  e
2009; 
        - che le ritenute non risultano versate dalla societa'  entro
il termine previsto per la presentazione della dichiarazione  annuale
dei sostituti d'imposta. 
    Allo stato degli atti, il delitto p. e p. dall'art. 10-bis d.lgs.
74/00 appare correttamente contestato innanzi allo scrivente giudice,
sotto  il  profilo  della  competenza   e   dell'ipotesi   di   reato
astrattamente realizzata, trattandosi di omesso pagamento di ritenute
certificate, ascritto all'amministratore della societa' contribuente.
Quale reato omissivo proprio ed istantaneo, l'omesso  versamento  nel
termine e' punibile per il superamento della  soglia  prevista  dalla
legge. 
    Nel caso in esame, l'importo omesso desumibile dagli atti e' pari
ad € 56.077,00 per l'anno d'imposta 2008, sicche' e'  superiore  alla
soglia di € 50.000 (prevista dall'art. 10-bis  d.lgs.  74/00)  ed  e'
inferiore a quella di € 103.291,38  (attualmente  prevista  dall'art.
10-ter d.lgs. cit., per i fatti commessi sino al 17.9.11). 
    L'importo indicato e' quello  corrispondente  alla  dichiarazione
modello 770 semplificato, ritualmente presentata. 
    Consegue  che  nel  caso  di  accoglimento  della  questione   di
costituzionalita',  verrebbe  meno  l'illiceita'  penale  del  fatto,
permanendo il solo illecito amministrativo. Al contrario, nel caso di
mancato accoglimento, l'esito del giudizio  sarebbe  sfavorevole  per
gli imputati. 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    Non appare manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis decreto legislativo 10 marzo 2000, n.
74, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, limitatamente alle
condotte omissive sino al 17.9.11, alla  luce  della  sentenza  della
Corte costituzionale 8.4.14 n. 80 sulla fattispecie di  cui  all'art.
10-ter d.lgs. cit., nella parte in cui, in luogo della  soglia  di  €
103.291,38, indica la soglia di € 50.000. 
    Il reato  di  cui  all'art.  10-bis  d.lgs.  74/2000,  introdotto
dall'art. 1 comma 414 della legge 30.12.04 n. 311 punisce con la pena
della "reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro  il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale  di
sostituto  d'imposta   ritenute   risultanti   dalla   certificazione
rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore  a  cinquantamila
euro per ciascun periodo d'imposta". 
    Il termine di comparazione e' costituito dalla fattispecie di cui
all'art. 10-ter d.lgs. 74/00. 
Evoluzione normativa. 
    In materia di  violazioni  relative  alle  ritenute  certificate,
l'art. 2 legge 516/82 (come sostituito dall'art. 3 d.l.  83/91  conv.
nella  legge  154/91)  prevedeva  tre  fattispecie  contravvenzionali
(omessa presentazione  della  dichiarazione;  mancato  versamento  di
ritenute alle quali il contribuente era obbligato per  legge;  omesso
versamento di ritenute certificate  d'importo  superiore  a  lire  10
milioni) ed una fattispecie delittuosa (omesso versamento di ritenute
certificate d'importo superiore a lire  25  milioni).  Detto  sistema
pertanto considerava penalmente rilevanti sia la condotta  di  omessa
dichiarazione  che  quella  di  omesso  versamento,  prevedendo   per
quest'ultima delle soglie per la rilevanza penale del fatto. 
    Con l'entrata in vigore del d.lgs.  74/00  entrambe  le  condotte
(omessa dichiarazione  ed  omesso  versamento)  divennero  penalmente
lecite, in attuazione di una scelta di  politica  criminale  volta  a
sanzionare  penalmente  le  sole  ipotesi  di   omessa   o   infedele
dichiarazione e riservando all'area dell'illecito amministrativo  gli
aspetti relativi alla riscossione dei tributi. 
    Con la legge finanziaria 2005 fu introdotta una nuova fattispecie
di reato, limitata alla condotta un tempo punita  ex  art.  2  co.  3
legge 516/82. La fattispecie e' stata  configurata  come  delitto,  a
dolo generico, con  un'unica  soglia  di  riferimento  e  con  limiti
edittali diversi dall'ipotesi di reato precedentemente in vigore. 
Rapporti tra l'art. 10-bis e l'art. 10-ter d.lgs. 74/00. 
    Con l'introduzione degli artt. 10-ter e quater d.lgs. 74/00 (art.
35 co. 7 d.l.  223/06  conv.  in  legge  248/06)  il  legislatore  ha
previsto una specifica fattispecie di reato per  l'omesso  versamento
di IVA. Alla luce del rinvio  testuale,  contenuto  nelle  richiamate
disposizioni, all'art. 10-bis d.lgs. cit., si e' posta  la  questione
dei rapporti fra le due norme. 
    Sotto  il  profilo  dell'evoluzione  normativa,  si  rileva   che
l'omesso  versamento  in  materia  di  IVA  costituiva  un   illecito
amministrativo,  sicche'  solo  con  la  novella  del  2006  l'omesso
versamento IVA ha assunto valenza penale. 
    Sussistono aspetti differenziali fra le due fattispecie, quali la
natura del  tributo  non  versato,  i  soggetti  attivi  (potendo  un
soggetto  IVA  non  essere  sostituto  d'imposta)  e  la   disciplina
dell'accantonamento e del versamento. 
    Le due fattispecie presentano elementi di omogeneita'. 
    Sotto il profilo storico, in epoca prossima, risultano introdotti
a modifica di un impianto punitivo, contenuto nel  d.lgs.  74/00  nel
testo originario, che intendeva sanzionare  la  fase  introduttiva  e
dichiarativa (infedele dichiarazione  o  omessa  presentazione  della
dichiarazione) piuttosto che la fase  adempitiva,  con  l'effetto  di
rendere  penalmente  rilevante  l'inadempimento  nella   fase   della
riscossione, sia pure con l'individuazione di una specifica soglia. 
    Sotto  il  profilo  del  bene  giuridico  tutelato,  dagli   atti
parlamentari emerge che l'introduzione dell'art. 10-bis  d.lgs.  cit.
aveva  la  finalita'  di  "assicurare  tutela  penale   all'interesse
protetto della corretta e puntuale percezione  dei  tributi";  e  che
l'introduzione dell'art. 10-ter aveva quella di rafforzare le  misure
dirette a contrastare l'evasione Iva". 
    Sotto l'aspetto  strutturale,  oltre  al  richiamo  espresso  fra
fattispecie,  vengono  in  rilievo  condotte  del   tutto   analoghe,
costituite da una fase  di  adempimento  dell'obbligo  (dichiarazione
caratterizzata dalla tempestivita' di presentazione e dalla  fedelta'
e correttezza dei dati riportati),  seguita  dal  mancato  tempestivo
versamento degli importi indicati nelle rispettive dichiarazioni.  Si
tratta pertanto di reati volti, in  entrambi  i  casi,  a  sanzionare
l'evasione nella fase di riscossione del tributo. 
    L'omogeneita' risulta ulteriormente  confermata  dal  legislatore
del 2011, il quale, nel modificare le soglie previste dagli artt. 4 e
5 d.lgs. 74/00, ha  tenuto  ferma  la  soglia  prevista  dagli  artt.
10-bis, ter e quater d.lgs. cit. 
    Piu' complessa appare l'omogeneita' delle  fattispecie  sotto  il
profilo della relazione esistente tra il contribuente e  gli  importi
indicati nelle rispettive dichiarazioni, con particolare  riferimento
alla qualificazione delle condotte come "appropriative" e di  "omesso
accantonamento". In materia di ritenute certificate, si rileva che la
disciplina prevede che l'imposta sia riscossa in  tutto  o  in  parte
investendo un  soggetto  (il  sostituto  d'imposta)  del  compito  di
effettuare una ritenuta alla fonte sulle somme corrisposte  al  terzo
(il sostituito) e, quindi, di versare  all'erario  le  somme  a  tale
titolo trattenute (artt. 23  ss.  d.p.r.  600/73);  il  sostituto  e'
altresi' tenuto a certificare  al  terzo  sostituito  l'effettuazione
della ritenuta (art. 4 d.p.r. 322/98); tale certificazione libera  il
terzo sostituito (integralmente o  parzialmente,  a  seconda  che  la
ritenuta   sia   a   titolo   d'imposta   o   a   titolo   d'acconto)
dall'obbligazione  tributaria,  trasferendo  in  capo  al   sostituto
l'obbligo di versare quanto trattenuto  e  certificato.  Inoltre,  il
sostituto deve presentare annualmente  una  dichiarazione,  indicando
compensi corrisposti e ritenute effettuate. In materia di imposta sul
valore aggiunto il soggetto passivo coincide con il soggetto che cede
il bene o  presta  il  servizio  ed  incassa  per  conto  dell'Erario
l'imposta. 
    Ove  vi  sia  inadempimento  nella  fase  della  riscossione  del
tributo, in entrambi  i  casi  sia  il  sostituto  d'imposta  che  il
soggetto IVA omettono il versamento di importi destinati  ab  origine
all'Erario. Sussistono profili differenziali, posto che per l'IVA  si
tratta di un incasso del contribuente (per il quale si  prospetta  un
obbligo di accantonamento)  mentre  per  il  sostituto  d'imposta  si
tratta di  un  versamento  di  minore  importo  al  terzo  sostituito
(sicche' per il sostituto non potrebbe prospettarsi,  stricto  sensu,
un  analogo  obbligo).  Si  osserva  tuttavia   che   nella   recente
giurisprudenza, sviluppatasi in materia di elemento soggettivo (per i
casi di dedotta inesigibilita' per crisi  d'impresa)  i  concetti  di
"obbligo  di   accantonamento"   e   di   "condotta   sostanzialmente
appropriativa" risultano richiamati per entrambe  le  fattispecie  di
reato. Oltre alla ricorrente affermazione del principio in materia di
IVA (ex multis, Cass. pen., sez. III, 6.11.13 - 21.1.14, n.  2614/14,
Saibene; sez. III, 17.12.13 - 27.1.14, n. 3656/14, Conte nonche',  in
obiter, Cass. SU 30/1-5/3/14 n.  10561,  Gubert),  la  Cassazione  ha
precisato  che,  in  materia  di  omesso   versamento   di   ritenute
certificate "la situazione  di  colui  che  non  versa  l'imposta  si
risolve, di regola, in  una  condotta,  cosciente  e  volontaria,  la
quale, in modo progressivo, si articola, in un primo momento, con  il
mancato accantonamento delle somme  trattenute;  successivamente  con
l'omesso  versamento  mensile  secondo  le  cadenze  previste   dalla
normativa tributaria; ed infine con la  prosecuzione  della  condotta
omissiva fino al termine ultimo fissato dalla  norma  penale"  (Cass.
5/12/13  -  4/2/14,  n.  5647/14,  Mercutello)  e  che  la   condotta
costituisce indebita appropriazione di somme altrui (Cass. pen.  sez.
III, 1.12.10, n. 10120/11, Provenzale). 
La sentenza C. Cost. 80/14. 
    A seguito della dichiarazione  di  incostituzionalita'  dell'art.
10-ter d.lgs. 74/00 per i fatti commessi sino al 17  settembre  2011,
il rapporto di omogeneita' fra le due fattispecie  si  e'  incrinato,
per essere divenute operative due  soglie  sensibilmente  diverse,  a
fronte di condotte analoghe. 
    Come specificato dalla Corte costituzionale, il sistema delineato
dal  legislatore  del  2011   aveva   dato   luogo   ad   un'evidente
contraddizione, caratterizzata dal rilievo  che  -  limitatamente  ai
fatti commessi sino al  17.9.11  -  le  condotte  piu'  gravi,  quali
l'infedele  dichiarazione   (art.   4   d.lgs.   cit.)   e   l'omessa
dichiarazione  (art.  5  d.lgs.  cit.)  presentavano   delle   soglie
(rispettivamente pari a lire  200  milioni  e  a  lire  150  milioni)
superiori a  quella  prevista  per  l'omesso  versamento  di  importi
contenuti nella dichiarazione presentata (€  50.000).  Si  era  cosi'
verificato l'effetto contraddittorio per il quale  le  condotte  piu'
gravi (dichiarazione omessa o infedele)  avevano  un'area  penalmente
lecita piu' ampia di quella propria di condotte comparativamente meno
gravi  (omesso  versamento  di  somme  correttamente  indicate  nella
dichiarazione presentata). La contraddizione e' stata  rimossa  dalla
sentenza Corte cost. n. 80/14,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 10-ter d.lgs. cit. nella parte in  cui,  con
riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,  punisce
l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in  base
alla relativa dichiarazione annuale, per importi non  superiori,  per
ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38. 
Gli effetti sull'art. 10-bis d.lgs. 74/00. 
    Come e' emerso sin dai primi interventi dottrinali relativi  alla
richiamata  sentenza   della   Corte   costituzionale,   non   appare
ipotizzabile   un    "effetto    diretto"    della    pronuncia    di
incostituzionalita' n. 80/14 sulla fattispecie di cui all'art. 10-bis
d.lgs. cit. 
    Una   prima   lettura,   contenuta   anche   nell'eccezione    di
incostituzionalita'  del  presente   giudizio,   ha   delineato   una
riproposizione della relazione tra art. 10-bis e gli artt. 4-5 d.lgs.
cit. alla stessa stregua della motivazione  indicata  dalla  Consulta
per l'art. 10-ter. Secondo tale prospettazione, cosi' come le  soglie
degli  artt.  4-5  d.lgs.  cit.  ponevano  in   essere   un   sistema
contraddittorio, in quanto piu' elevate di quella prevista  nell'art.
10-ter d.lgs. cit., allo  stesso  modo  dette  soglie  generavano  un
apparato  contraddittorio,  in  quanto  piu'  elevate   di   prevista
nell'art.  10-bis.  Detta  interpretazione  muove  tuttavia   da   un
presupposto esegetico non condivisibile, quale quello secondo cui gli
artt. 4-5 d.lgs. 74/00 si riferirebbero non solo  alle  dichiarazioni
dei redditi ed alle dichiarazioni IVA,  ma  anche  a  quelle  cui  e'
tenuto il sostituto d'imposta. La  lettura,  proposta  da  una  parte
della dottrina nella vigenza della legge 516/82 e  nella  prima  fase
applicativa del  d.lgs.  74/00,  e'  in  contrasto  con  la  dottrina
maggioritaria e con l'interpretazione giurisprudenziale  (sul  punto,
Cass. pen., sez. III, 6/3-19/4.02, n. 14772, Zorzi e a.; Trib. Genova
26.2.01, in Il Fisco, 2001,  9315).  Consegue  l'assenza  di  effetto
diretto, non esistendo - in materia di  ritenute  certificate  -  uno
schema penal-tributario che ponga in relazione l'omessa presentazione
e l'omesso versamento. 
    Superata  l'ipotesi  dell'applicabilita'  diretta,  una   seconda
lettura  ha  valorizzato  l'omogeneita'   fra   le   fattispecie   in
comparazione. Alla luce  di  detti  elementi  di  omogeneita',  supra
richiamati, la disciplina applicabile a seguito della sentenza  della
Consulta da' luogo a disparita' di trattamento per i  fatti  commessi
sino al 17.9.11, posto che la soglia di rilevanza penale per l'omesso
versamento IVA e' pari ad € 103.291,38  mentre  quella  per  l'omesso
versamento di ritenute certificate e' pari ad € 50.000. 
    Come gia' indicato, la disciplina del reato di omesso  versamento
IVA (con l'intervento correttivo della Consulta) per i fatti commessi
sino  al  17.9.11  viene  ad  essere  modificata  rispetto  a  quelle
dall'art. 10-bis; detta  modifica  tuttavia  non  e'  frutto  di  uno
specifico  intento  del  legislatore,   nell'ambito   della   propria
discrezionalita'. 
    La (sopravvenuta) discrasia fra le due disposizioni e'  l'effetto
di un intervento normativo recante  aspetti  contraddittori,  risolto
dall'intervento della Corte. Lo stato conseguente  alla  sentenza  di
incostituzionalita' presenta tuttavia una netta differenza fra le due
fattispecie, in violazione del principio di ragionevolezza, in quanto
e' chiara la volonta' del legislatore  di  trattare  i  due  precetti
penali con la medesima sanzione e le medesime soglie di punibilita'. 
    E' noto che, di recente la Corte ha  rigettato  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  del  reato  di  omesso  versamento   di
ritenute previdenziali in rapporto alle soglie contenute nel reato di
omesso versamento di ritenute certificate,  per  eterogeneita'  delle
fattispecie,  salva  ogni  valutazione  nel   merito   dell'effettiva
offensivita' della condotta (Corte cost. n. 139/14). A sua volta,  la
S.C.  ha  ritenuto   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  d.lgs.   74/10   per
asserito contrasto con l'art. 3 Cost., in  quanto,  da  un  lato,  e'
irrilevante che la condotta vietata si realizzi in un momento diverso
dalla dichiarazione e, dall'altro, la  previsione  di  uno  specifico
reato per il mancato pagamento di un debito per  imposte  sostitutive
dovute dal sostituto, e non anche per  il  mancato  pagamento  di  un
debito Irpef o Iva anche se di  importo  superiore,  trova  logica  e
razionale giustificazione nel profilo di indebita  appropriazione  di
somme altrui di cui si  ha  la  detenzione.  (Cass.  pen.  sez.  III,
1.12.10, n. 10120/11, Provenzale). 
    Nel caso in esame, il rapporto tra  gli  artt.  10-bis  e  10-ter
induce ad effettuare una valutazione di omogeneita', con  particolare
riferimento  all'esistenza  di  una   soglia   di   punibilita'   che
prefigurata dal legislatore come identica, e' divenuta  sensibilmente
differente a seguito dell'intervento correttivo.